John Faser - Soffitti Sconosciuti

{Testo di "Soffitti Sconosciuti"}

Quando ero piccolo disegnavo con il gesso sopra al muro
Ricreavo sagome
Già estromesso dal futuro mi assicuro una foto sulla mia lapide
Ti giuro sono esanime, é un confine labile fra fragile ed instabile, le lacrime e discariche son sciabole più apatiche
Le notti e gli equinozi, singhiozzi di una crisalide
Sopra i pozzi di sangue dai riflessi rosso fragole
Le macchie dentro agli occhi, i rintocchi del campanile
Governano i miei sogni ingordi di un lieto fine
Hanno smussato i bordi di giorni scesi a rovine
Lasciandone i contorni corrotti dall'imbrunire

Quando ero piccolo avеvo un amico immaginario
Neanche lui mi parlava ripudiava di essеre un chiaro riflesso secondario parte di un artificio
Ma forse non si accorse di quanto fu necessario
Già allora mi isolavo per non sentire più voci
Cercavo luci e baci non gli abbracci di edifici
Mi perdevo nelle piogge sulle tracce di animali
Tra carcasse nelle fosse già promesse ai temporali

Disperso nel nulla in questa culla del male
Ora che nulla rimane restan solo le urla
Tutto il resto scompare eccetto forse le pare
Lasciami naufragare non farmi più pensare...
Disperso nel nulla in questa culla del male
Ora che nulla rimane restan solo le urla
Tutto il resto scompare eccetto forse le pare
Lasciami naufragare non farmi più pensare...
Quando ero piccolo avevo un amico immaginario
Neanche lui mi parlava, ripudiava di essere un chiaro riflesso secondario parte di un artificio
Ma forse non si accorse di quanto fosse più umano

No, no, no, no
Di quanto fosse più umano

Ora disegnano sagome sopra al cemento
Cercan di trattenerlo il bagliore di un lamento
Ne tracciano i bordi li comprendono a stento
Volano tra i tordi già perduti nel vento
Ora disegnano sagome sopra al cemento
Cercan di trattenerlo il bagliore di un lamento
Ne tracciano i bordi li comprendono a stento
Volano tra i tordi già perduti nel vento

Strappami gli occhi, starò ancora vedendo...